Ho 60 anni e ancora penso nei termini di una trentenne che ha ancora anni di lavoro e entusiasmo davanti a se, ma poi mi scontro con due altre sensazioni:
-la consapevolezza che non voglio più fare parte di una routine, di una macchina efficiente come è la cura adesso (sull’efficienza tanto in positivo e anche in negativo, è il sistema che poi è fatto da individualità ecc)
-la constatazione che non ho più le forze nemmeno per lavorare a tempo pieno.
Ma nemmeno i giovani hanno voglia e motivazione per abdicare ad una propria vita privata ed hanno ragione, la retorica del lavoro ha generato troppi mostri.
In questo contesto apparentemente contraddittorio avrei la voglia e l’entusiasmo per voler far parte di un progetto che possa tessere tra il passato e il futuro e tra discipline e arti diverse.
Il mio sogno non è niente di nuovo, mi piacerebbe riunire i puntini, integrare, ponti tra etnie culturali e scientifiche e artistiche diverse, perchè noi siamo unici, perchè creare e ammirare il bello sono funzioni psicofisiche meravigliose, perchè la bellezza dell’essere umano è l’integrazione tra conscio, inconscio, memoria e creazione, tra astrazione e immedesimazione.
E l’arte e la matematica e la medicina e la danza e la psicologia sono solo aspetti di un’unicità che dobbiamo ritrovare, che vorrei si ritrovasse, come in una riunione di famiglia dove si fa pace e non ci sia più guerra tra primedonne, primati e giudizi.
Io ho un pezzetto di qualcosa, il mio compito mi piacerebbe fosse quello di contrabbandare attraverso confini culturali, contaminare collaborazioni, senza che per questo nessuno debba abdicare al suo sapere e alla sua cultura e linguaggio.
Un associazione non so in che termini
Contrabbando, contaminazione.
Limbico, nel senso di sistema, di modello.
Comincio a parlarne.