Pensare in lingua:
entrare nella logica di un linguaggio o di una funzione senza bisogno di tradurre.
Ognuno di noi è esperto del proprio ambito di competenza e non ha bisogno di attingere ogni volta ai libri di testo con cui ha iniziato il suo percorso. Riconoscere al primo sguardo un particolare che sottende interi discorsi o universi.
Un rumore polmonare, un movimento disarmonico, un colorito o un odore.
Pensare in lingua vuol dire anche leggere e interpretare il mondo con quel tipo di linguaggio e prospettiva.
Leggere il corpo umano in termini fisici o chimici, genetici, ormonali, immunitari, circolatori, … un chirurgo ortopedico e un immunologo hanno una diversa prospettiva… del midollo osseo.
Quando mi sono regalata il corso quadriennale di medicina cinese forse avrei dovuto prevedere che non avrei accettato passivamente termini che non potessere essere tradotti all’interno delle diverse angolazioni con cui approcciamo allo studio dell’essere umano.
Non è stato immediato, è stato un percorso di conquista in cui ho dovuto imparare a pensare in lingua secondo la prospettiva degli antichi fisiologi cinesi.
Che sapevano molto prima di noi che il rene aveva controllo sulle ossa e sul sangue.
Per poi tradurre: un naso rimane un naso anche se in Cina o a Mosca lo chiamano diversamente.
Ora non sono esperta di nulla in particolare, spesso mi definisco una “tuttologa” o una intermediatrice culturale tra le varie spacialità mediche.
Cerco di integrare la visione di insieme,
Con questo approccio multiculturale affronto l’anatomia della spalla.